Senza tetto e senza diritto ad una vita decente; tante possono essere state le cause che, senza distinzione di sesso, anche se il fenomeno vede un’altissima percentuale di uomini rispetto a quella delle donne, hanno portato queste persone a vivere, anzi non vivere la loro esistenza e versare nella più terribile delle condizioni.
I SENZA TETTO spesso sono definiti con termini non gradevoli quali barboni, clochard, e accattoni e trattati non come esseri umani, ma come non persone!
Oltre mezzo milione di “invisibili” nel nostro Paese costituiti da persone senza tetto, senza fissa dimora o che vivono nei campi attrezzati e negli insediamenti tollerati o spontanei come rilevato nel Censimento Permanente della Popolazione e delle Abitazioni 2021 dell'Istat relativamente alla rilevazione delle convivenze anagrafiche e delle cosiddette “popolazioni speciali”. Si è passati da 125mila persone rilevate in “altro alloggio” del 2011 ai 500mila del 2021.
Un numero davvero elevato che mobilita molte forze, prevalentemente del c.d. Terzo settore e delle istituzioni religiose, per cercare di dare un’assistenza.
Numerose sono le associazioni, fondazioni, organizzazioni di volontariato, parrocchie, strutture religiose, che si occupano di questi “ultimi” della società ma ciononostante non si riesce ad assicurare a tutti una sistemazione decorosa e stabile.
I tagli al welfare e le politiche economiche restrittive, soprattutto conseguenti alla crisi economico-finanziaria degli scorsi anni e che si è aggravata con la pandemia da Covid-19, certo non hanno favorito non solo la soluzione del problema ma neppure un approccio significativo tale da migliorare anche parzialmente le condizioni di vita di molti. Anche per loro, come è avvenuto per altri temi prioritari per la vita delle persone più deboli, le agende politiche dei governi non solo non ne hanno fatto una priorità ma neppure un focus prioritario da porre in evidenza nelle pieghe delle strategie operative e di bilancio.
Neppure il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede una cifra adeguatamente sufficiente per dare soluzione alla “questione abitativa”, che è una delle cause della presenza in strada dei senzatetto, destinando poco più di 7 miliardi alla rigenerazione urbana e al potenziamento del cosiddetto “housing sociale” sugli oltre 220 totali. Di questi 7 miliardi quelli riservati al potenziamento dell'Edilizia residenziale pubblica a canone sociale sono appena lo 0,5% – 500 milioni – una delle voci più basse in assoluto.
Il fenomeno dei senzatetto non è un fenomeno “individuale” ma un fenomeno e un problema “sociale” di cui la politica e la società devono farsi carico in maniera strutturale non lasciando solo al volontariato, al terzo settore l’onere del sostegno.
La rappresentazione mediatica e presente nell’immaginario collettivo sulla figura dei senzatetto è purtroppo negativa e legata a violenza, pericolosità, tossicodipendenza, alcolismo, cura inesistente della persona, improduttività lavorativa, e ciò, purtroppo, contribuisce ad alimentarne uno stereotipo negativo che vede il fenomeno unirsi agli altri “problemi” delle nostre città facendone anche una questione di “decoro” urbano che coinvolge vie e piazze sia dei centri sia delle periferie legandolo anche ad una questione di sicurezza che spesso da il via a giri di vite in materia.
Per meglio comprendere il fenomeno e approntare utili strumenti di intervento bisognerebbe invece anche prevedere un’analisi, uno per uno, dei casi che hanno condotto queste persone a ridursi ad una vita così misera e sofferente perché non basta un piatto caldo, una coperta, un vestito, un sorriso per dare aiuto. Qualcuno ha perso il lavoro, qualcuno la casa, un dolore fisico o familiare ha fatto perdere la consapevolezza della propria integrità psico-fisica, una malattia, un divorzio, la mancanza di supporto familiare o sociale, traumi psichici, ecc. possono essere state le cause che hanno fatto precipitare la persona nell’indigenza totale.
Un esempio della poca attenzione riservata a queste persone si è verificata anche in occasione delle prime fasi del lockdown quando sono state elevate contravvenzioni perché “qualcuno” restava in strada non avendo una dimora dove ripararsi.
Ridurre i pregiudizi è importante soprattutto per evitare i processi di esclusione dalla vita sociale. Non solo, ogni anno con l’approssimarsi della stagione fredda, molti sono i senzatetto che, purtroppo, vengono trovati morti per le strade o sulle panchine, ciò a causa per rifiuto o per insufficiente disponibilità di posti-letto nei centri di accoglienza, e per la mancanza di beni primari poco costosi e facilmente reperibili, come un kit di sopravvivenza e una coperta termica.
Dalle cadute ci si può anche risollevare, come nel caso di Wainer Molteni che “caduto” è riuscito a risollevarsi, dopo aver osservato e vissuto il mondo dai cartoni in strada, creando valore anche per altri “invisibili”.
Quali allora possono essere gli interventi da realizzare o migliorare?
Tavoli di lavoro integrati per il coordinamento tra strutture, enti e associazioni, istituzioni territoriali
Mantenimento della propria identità anagrafica onde poter accedere a servizi e avere una casa, uno spazio per sé, uno spazio privato dove vivere
Presa in carico da parte dei servizi sociali preposti e seguimento in tutte le fasi e momenti di vita
Assistenza sanitaria e psicologica ove necessaria (visite – prevenzione – ecc) anche con la previsione di strutture mobili
Servizi di assistenza: sociale, legale, previdenziale – anche con la previsione di strutture mobili
Impegno lavorativo anche di carattere sociale
Prevenzione degli sfratti
Edilizia residenziale pubblica a canone sociale
Recupero spazi privati e pubblici non utilizzati o dismessi per creare spazi abitativi dedicati Ampliamento numero ricoveri strutturati con situazioni individualizzate
Fra le esperienze che si sono portate e si stanno portando avanti va ricordata quella che si muove nell’ambito del concetto dell’“housing first” (esempio progetto Arca, Milano) che prevede che ogni percorso di reintegro del senzatetto nella società parta dall’assegnazione di una casa in cui vivere, da solo o con alcuni coinquilini, senza particolari prerequisiti e senza pagare l’affitto. Una simile situazione conduce ad una maggiore progressiva autonomia della persona che il supporto di opportuni progetti viene seguita fino a quando non riesce a raggiungere una completa indipendenza.
E allora come agire per dare risposta ai bisogni espressi a partire dalle particolari situazioni di vita dei senzatetto valorizzando gli aspetti di responsabilizzazione della persona e di riduzione della sua istituzionalizzazione consentendo anche di rinsaldare i legami sociali e territoriali in modo da promuovere inclusione e coesione sociale.
L’idea è nata su premesse elaborate circa trent’anni fa negli Stati Uniti, molte delle quali sono emerse in negativo dall’esperienza dei grandi centri per i senzatetto, che ancora oggi sembrano essere, con tutte le loro limitazioni, la soluzione più praticata dalle grandi città del mondo occidentale per occuparsi del problema. I senzatetto vi possono permanere solo durante la notte, spesso non ritornano e quindi per gli operatori è impossibile seguirli e per i senzatetto è difficile stabilire relazioni interpersonali anche perché spesso si trovano a doversi contendere alcuni dei servizi più ambiti. Ad esempio in Finlandia il piano “housing first” è attivo dal 2008 e ha creato circa 3.500 nuove abitazioni, con il risultato di un calo del 35% del numero dei suoi senzatetto. In Italia sono attivi numerosi progetti di housing first, ad esempio a: Padova, Pisa, Torino, Milano e diverse città della Sicilia, gestiti in prevalenza da associazioni che aderiscono alla rete Housing First Italia, nata nel 2014 su iniziativa della Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora (fio.PSD), e finanziati con bandi pubblici. L’approccio dello housing first è aperto in quanto non obbliga nessuno a stare in una casa: l’ospite è libero di lasciare il progetto. Come sempre per la realizzazione dei progetti e di questi progetti nello specifico è essenziale la qualità della squadra di esperti che segue ogni caso: operatori sociali, educatori, assistenti sociali, psicologi, mediatori, infermieri, altre figure ancora più specializzate. I progetti di housing first furono inseriti nelle Linee di indirizzo per il contrasto alla grave emarginazione adulta, un memorandum approvato alla fine del 2015 dal governo Renzi, ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Il memorandum definisce l’housing first un «approccio innovativo» che «dimostra come l’accesso a una casa e un adeguato intervento dei servizi sociali possano produrre un impatto positivo sia sul benessere psico-fisico delle persone senza dimora sia sul loro percorso di reinserimento nella società, con ricadute positive anche in termini di una maggiore efficienza nella spesa sociale e sanitaria». E’ stato rinnovato il finanziamento dei bandi esistenti fino al 2020 con la partenza anche di una ventina di nuovi progetti di housing first, in città come Roma e Napoli. I vari decreti varati dagli ultimi governi fra cui quello Draghi hanno stanziato fondi per il Terzo settore e per il lavoro e il contrasto alla povertà. Il Comune di Napoli nel corso degli anni ha messo in atto alcuni progetti di mappatura e di servizi per i senza fissa dimora.
I servizi mappati hanno riguardato distribuzione di pasti su strada, servizio mensa, accoglienza notturna, servizio doccia, guardaroba, sportello di ascolto e orientamento, assistenza legale, assistenza psicologica, assistenza sanitaria.
Il PROGETTO VIVERE MEGLIO prevede una creazione di un’anagrafe senzatetto e si sviluppa attraverso una serie di proposte quali:
Mantenimento della propria identità anagrafica onde poter accedere a servizi e avere una casa, uno spazio per sé, uno spazio privato dove vivere.
Presa in carico da parte dei servizi sociali preposti e seguimento in tutte le fasi e momenti di vita.
Assistenza sanitaria e psicologica ove necessaria (visite – prevenzione – ecc) anche con la previsione di strutture mobili.
Servizi di assistenza: sociale, legale, previdenziale – anche con la previsione di strutture mobili.
Impegno lavorativo anche di carattere sociale.
Verifica possibilità per coloro che non hanno reddito di un sostegno economico.
Tavoli di lavoro integrati coordinati dal Comune di Napoli tramite l’assessorato o gli Assessorati competenti per il coordinamento delle azioni e dei progetti da realizzare o in corso di realizzazione a cui partecipino strutture, enti e associazioni, istituzioni territoriali interessate.
Censimento e recupero spazi privati e pubblici non utilizzati o dismessi per creare spazi abitativi dedicati.
Ricognizione sulle disponibilità delle Associazioni, Enti, Organizzazioni e singoli per progetti di assistenza e ad azioni si sostegno culturale e ricreativo dei senzatetto.
Articolazione e comunicazione diffusa dell’offerta di sostegno da parte Associazioni, Enti, Organizzazioni e singoli.
Impegno lavorativo anche di carattere sociale per i senzatetto.
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