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Il Quorum


Ti RACCONTO LA POLITICA - CAPITOLO 66

La politica è un po’ come la ricerca scientifica; “inventa” e scopre cose che può successivamente adoperare tanto a favore quanto contro la società o la stessa umanità. Quella del quorum è una prassi abbastanza tecnica e diffusamente usata; sarà necessario dedicargli almeno un paio di capitoli. A dire il vero, la politica italiana si dimostra da qualche tempo incline a inventare non pochi cavilli e sofismi che opprimono i cittadini e rappresentano una sorta di generale offesa e negazione della stessa democrazia. Cos’è il “quorum”? Dal latino, la traduzione è “dei quali”.

Insomma, se nella tale circostanza gli aventi diritto al voto sono un tot, il quorum fissa, per esempio, che il voto sarà valido se voterà almeno il 51 per cento “dei quali”, ovvero del citato tot. Dalle elezioni referendarie, alle votazioni relative ad istituzioni ed enti, ai congressi di partito... fino alle assemblee condominiali e quant’altro, il quorum è un meccanismo presente in molte occasioni e campi di attività. Capita purtroppo che nell’ambito istituzionale, esso sia gestito con fini, abitudini e mentalità tipiche dell’odierna politica. A suo tempo, quando il quorum divenne norma e argomento statutario, rappresentò l’intrinseco concetto di legare strettamente l’approvazione di questa o quella proposta, alla quantità dei consensi che la stessa avrebbe ricevuto.

Il fine era infatti di evitare che un’esigua minoranza di elettori potesse prendere decisioni al posto della collettività. Il quorum si riferisce a tutti quelli che hanno votato in una specifica circostanza, indipendentemente dalla scelta di voto che hanno fatto. È così ancora oggi ma, nei decenni, la politica ha inventato una serie di distinguo per creare dei presupposti “tecnici” tali da permetterle di barcamenarsi tra le stesse percentuali dei vari quorum. Un quorum fissato nel 51 per cento, rende in un certo senso omaggio a quella che in democrazia viene chiamata maggioranza; la politica tuttavia, nelle occasioni in cui vuole accrescere la possibilità di validazione, riesce in qualche modo a “scegliere” i quorum.

Nelle elezioni pubbliche assistiamo da decenni alla partecipazione popolare che tende ad essere sempre più esigua; certo, si tratta di elezioni in cui non necessita alcun quorum, ma è innegabile che la politica vigente tenda a creare disinteresse per il voto, perché “controllare” masse numericamente inferiori di votanti è più facile. Il costosissimo voto di scambio (capitolo n. 28), per esempio, dimostra che i politici vigenti non desiderano accrescere l’interesse del cittadino alla partecipazione; come già affermato, minore è la partecipazione e maggiore è la possibilità di controllare chi partecipa. I referendum abrogativi vogliono un quorum del 51 per cento, ma nel caso che si tratti di modifiche di leggi costituzionali allora sono detti confermativi e la relativa prassi di validazione non prevede alcun quorum.

Nei congressi di partito, col quorum si fa di tutto; ne parleremo nel prossimo capitolo.

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