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Gli ultimi mesi di vita di una madre e del suo bambino vissuti 27mila anni fa.
Siamo abituati alle mamme che ci raccontano dei loro figli: per la prima volta la tecnologia avanzata dà voce a un bambino, mai nato, che racconta gli ultimi mesi di vita di sua madre, avvenuta più di 27mila anni fa.
Per la prima volta in assoluto è stato possibile ricostruire alcuni aspetti di vita e di morte di un individuo fetale così antico e contemporaneamente gettare luce sullo stato di salute della madre.
La ricerca, realizzata per Sapienza da Alessia Nava e coordinata da Alfredo Coppa e da Luca Bondioli nell’ambito del corso di dottorato in Biologia Ambientale ed Evoluzionistica, è pubblicata sulla prestigiosa rivista Scientific Reports.
Lo smalto dei denti è il nostro archivio biologico che registra indelebilmente, durante la sua formazione, i momenti di normalità e quelli di sofferenza. Lo smalto prenatale, che si sviluppa durante la vita intrauterina, non parla solo dell'individuo, ma anche di sua madre.
Lo smalto prenatale nelle popolazioni umane del passato è oggetto di uno specifico progetto di ricerca recentemente attivato da un team della Sapienza e del Museo delle Civiltà di Roma e tuttora in corso. La ricerca s'incentra proprio su questo momento critico e delicato della vita di ognuno. Lo strettissimo rapporto madre-feto è, di contro, scarsamente conosciuto e studiato nei nostri antenati. Già nel luglio 2017 lo stesso team aveva gettato luce sullo sviluppo prenatale degli antichi romani. Oggi, tramite tecnologie ancora più avanzate, ha dato voce al feto della giovane donna (conosciuta al grande pubblico come "la madre più antica del mondo"), deceduta durante la gravidanza e sepolta nella tomba di Ostuni 1 (Brindisi), datata a oltre 27mila anni da oggi.
La ricerca è avvenuta in collaborazione con Elettra-Sincrotrone Trieste, con il Centro Fermi di Roma, con l'International Centre for Theoretical Physics di Trieste, con l'University of Wollongong in Australia e con l'Università degli Studi di Bari.
Tre incisivi da latte ancora in formazione, appartenenti al feto, sono stati visualizzati ed analizzati tramite la tecnica di microtomografia a raggi X. Grazie all'utilizzo della luce di sincrotrone e di una specifica metodologia di analisi sviluppata in collaborazione con i ricercatori del gruppo SYRMEP di Elettra, è stato possibile realizzare sui reperti fossili uno studio istologico virtuale, che ha rivelato le strutture più fini dello smalto dei denti, preservando l'integrità dei rarissimi reperti.
L'istologia virtuale ha permesso di accertare come la morte della madre e del bambino sia avvenuta tra la 31a e la33a settimana di gravidanza. Durante gli ultimi due mesi e mezzo di vita, tre momenti di acuta sofferenza hanno colpito madre e figlio, come evidenziato dalla presenza di marcatori di stress formatisi a livello microscopico nello smalto.
“Gli antichi romani ci avevano fornito l'indizio di uno sviluppo fetale accelerato nel mondo antico – spiega Alessia Nava – anche se di poco. Questa ricerca sembra confermare questo andamento, in un periodo molto più antico. Ora si tratta estendere nello spazio e nel tempo il nostro studio: forse altre sorprese ci attendono”.