Al Piccolo Bellini apre il Piano Be “Trapanaterra”, un’odissea meridionale sulla nostalgia degli emigrati
A partire dal 22 ottobre fino al 29 dicembre, il Nuovo Teatro Sanità e Mutamenti/Teatro Civico 14 di Caserta si trasferiscono al Piccolo Bellini, per prendere parte al Piano Be, la programmazione ideata dal Teatro Bellini di Napoli per andare incontro alla situazione di difficoltà attraversata dalle giovani realtà teatrali del territorio.
Si parte con “Trapanaterra”, ideato da Dino Lopardo, anche in scena con Mario Russo, al Piccolo Bellini dal 22 al 25 ottobre, una produzione Lopardo-Russo, Nostos Teatro e Collettivo Itaca.
“Trapanaterra” è un’odissea meridionale, una riflessione sul significato di «radice» per chi parte e per chi resta, un’ironica e rabbiosa trattazione dello sfruttamento di una terra. Due i personaggi principali, fratelli che si incontrano e scontrano. C’è chi è partito alla ricerca di un futuro migliore, chi è costretto a rimanere. Dover fuggire e dover restare sono cause di un’unica condizione: il sacrificio. Arena della vicenda un Sud maledetto e il caso Eni. L’elemento trainante è la nostalgia, mondo d’origine degli emigrati.
“Chi sei? Dove vai? Da dove vieni? Cosa vai cercando? Quando te ne andrai?” sembra dire il fratello che è restato a quello che è tornato, organetto alla mano, alla terra dei padri. Il più piccolo in calosce si districa tra i tubi gorgoglianti di una raffineria. Il più grande, quello che è “scappato”, è un bohemienne che respira di nuovo l’aria di casa, una casa che forse non c’è più, che è cambiata. Un Paese di musica e musicanti dove non si canta e non si balla più, nemmeno ai matrimoni. Si può solo sentire il rumore delle trivelle, la puzza dei gas e il malaffare.
Tutto è impastato nel dialetto, osso delle storie che s’insinua come la musica. Qualcuno è partito perché altri potessero crescere, perché la terra madre non ha i mezzi per alimentare le speranze di tutti. Ma di chi è il coraggio: di chi resta o di chi torna? “Trapanaterra” racconta un viaggio di rimpatrio, il resoconto di una famiglia del Sud distrutta da un destino ineluttabile, dove lavoro, corruzione, potere, tradizione, familismo amorale, abbandono e identità culturale sono elementi che fanno staffetta.
NOTE DI REGIA
“Se non dovessi tornare, sappiate che non sono mai partito. Il mio viaggiare è stato tutto un restare qua, dove non fui mai”.
“Trapanaterra” è una ricerca profonda sulla realtà del Mezzogiorno intesa come un costante ossimoro.
“L’essere rimasto, non è atto di debolezza né atto di coraggio, è un dato di fatto, una condizione, ma anche l’esperienza dolorosa e autentica dell’essere sempre fuori posto”. Sostanzialmente in entrambi i casi si parla di sacrificio, sia per chi parte, sia per chi resta.
La nostalgia è l’elemento trainante. È stata considerata la malattia e la follia degli emigrati e quindi del loro mondo d’origine. La parola racchiude in sé due elementi: il primo è il suffisso algìa, che indica un dolore, una sofferenza, la parte che precede il suffisso descrive la causa di quel dolore. Corrado Alvaro descrive la nostalgia come “del ritorno di uno che non se n’è mai andato”. Quando un soggetto ritorna per riallacciare il rapporto con le sue radici e scopre un luogo che vessa nel degrado totale che cosa accade? Le persone a lui care sono completamente diverse, perché?
Ecco un altro elemento fondamentale (arena di questa vicenda familiare): Il Sud maledetto e il caso ENI. Com’era prima questa regione e com’è poi diventata? Com’erano i rapporti tra persone che la abitavano? Si stava meglio oppure peggio? I protagonisti sono due vittime del sistema collocate in una dimensione insolita. Due marionette, in sostanza due esseri. Pupazzi che parlano, si agitano, agiscono in modo inverosimile, ma più vero del vero.
Dino Lopardo
Dino Lopardo drammaturgo, sceneggiatore e attore si forma all’Accademia d’Arte drammatica Silvio d’Amico e all’Accademia d’Arte Drammatica del Teatro Quirino. Contemporaneamente si laurea all’UNIBAS con una tesi sul radiodramma. Nel 2017 scrive e porta in scena Trapanaterra, vincitore del bando cura 2017 e semifinalista al premio InBox 2020; successivamente lavora al secondo progetto, Attesa, premiato (premio miglior drammaturgia Indivenire 2018 di Roma e miglior regia, attore e attrice al Roma Fringe Festival 2018). Con il Collettivo ITACA scrive e dirige Ion (miglior spettacolo al festival INdivenire 2019 di Roma). Come assistente alla regia ha lavorato con Alvaro Piccardi per Il codice di Perelà. Firma la sceneggiatura per lungometraggio Batacatash e nel 2020 realizza NessunoEscluso, esperimento di drammaturgia sonora e video promosso da Amnesty International.
Mario Russo attore musicista e acrobata, si diploma nel 2014 all’Accademia Q Accademy del Quirino di Roma. È allievo di Francis Pardeilhan, Rosa Masciopinto, Sergio Basile, Ugo Maria Morosi, Carlo Boso, Graziano Piazza e diplomarsi poi con lo spettacolo Così fan tutte diretto da Gabriele Lavia. Neodiplomato debutta al Quirino con lo Don Juan club diretto da Francesco Bonomo. Nel 2016 è attore in Altrove con la regia di Paola Ponti. Nel 2017 è attore e musicista di Trapanaterra. Nel 2018 prende parte allo spettacolo Cose così diretto da Danilo Nigrelli. Nel 2019 è in scena al Roma Europa Festival con lo spettacolo Atto di adorazione di Dante Antonelli. Attualmente studia Violino al conservatorio Santa Cecilia di Roma.
Biglietti € 15,00 intero - € 10,00 under29 SPETTACOLI : Giovedì 22 ottobre, 21:00 Venerdì 23 ottobre, 20:00 Sabato 24 e Domenica 25 ottobre, 18:30