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L'APPELLO DELL'IMPRENDITORE ENRICO DITTO A PROPOSITO DI TURISMO A NAPOLI E OVERTOURISM

  • Riceviamo e pubblichiamo
  • 1 apr
  • Tempo di lettura: 2 min


"Il turismo non è il problema. È parte della soluzione". Enrico Ditto, imprenditore napoletano nel settore dell’ospitalità e da mesi tra le voci più attente al futuro della città, interviene ancora una volta nel dibattito sull’overtourism che negli ultimi mesi ha acceso Napoli, e lo fa da una posizione privilegiata: quello di CEO della catena Giuly Suites che proprio nel centro storico partenopeo gestisce diverse camere.

Demonizzare il turismo è sbagliato e, peggio ancora, miope. È stato uno dei fattori determinanti – forse il principale – che ha permesso alla città di rialzarsi dopo decenni di abbandono e pagine buie come quella dell’emergenza rifiuti”.

"Il centro storico, fino a qualche anno fa in balìa del degrado e dell’abbandono, oggi è un luogo vivo, vissuto, frequentato", continua Ditto. "L’espansione turistica ha contribuito a riattivare un tessuto economico che sembrava scomparso. Parliamo di attività commerciali che hanno riaperto dove prima c’erano solo saracinesche abbassate. Piccoli negozi, bar, ristoranti, botteghe: tutto ciò che oggi vediamo rifiorire nei vicoli di Napoli è in gran parte figlio dell’arrivo di chi ha scelto questa città per le sue vacanze e di chi ha acceso (fisicamente) le luci dove prima c'era buio”.

Ma questo non significa che tutto funzioni. Il rischio del ko a causa della “turistificazione” esiste – lo riconosce anche Ditto – ma "non va confuso con la crescita del turismo. Il vero problema è l’assenza di regole, di controlli, di visione. Chi ha lucrato selvaggiamente, chi ha operato in maniera abusiva, chi ha trasformato interi palazzi in dormitori senza rispetto per residenti e quartiere, ha approfittato di un vuoto istituzionale. Non è colpa dei turisti se non c’è una legge chiara e fatta rispettare".

La narrazione semplicistica del “troppi turisti” per Ditto è un alibi, non una soluzione. “Serve invece un piano urbano serio, con limiti, incentivi, disincentivi e una strategia che metta al centro sia chi Napoli la vive ogni giorno sia chi la sceglie per qualche notte. Perché la verità è che non possiamo permetterci di perdere tutto ciò che il turismo ha generato. Sarebbe un salto all’indietro, un autosabotaggio culturale ed economico”.

L’alternativa al turismo non è la quiete: è il vuoto,” incalza Ditto. “L’abbiamo già vista quella città senza voci, senza luci, senza lavoro. E non era una città più vivibile: era semplicemente una città dimenticata”.


Per questo l’appello è duplice: alle istituzioni, perché tornino a governare il fenomeno con coraggio e intelligenza; e all’opinione pubblica, perché impari a distinguere tra chi investe nel territorio e chi lo consuma. In mezzo a queste due polarità, conclude Ditto, “esiste una Napoli possibile. Una Napoli che vive, lavora e cresce senza svendersi”.


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