“Questo è un uomo” ricostruisce i momenti salienti della vita di Primo Levi, dalla deportazione fino agli ultimi anni della sua vita, toccando i temi fondamentali che hanno caratterizzato la sua biografia e la sua opera.
Il racconto dà vita al ritratto inedito di uno scrittore e intellettuale che ha profondamente segnato la cultura italiana del dopoguerra. La fiction è integrata dalle interviste di chi ha conosciuto Primo Levi e ne ha compreso aspetti umani essenziali: Marco Belpoliti (scrittore e studioso di Primo Levi), Edith Bruck (scrittrice testimone, amica-sorella in sorte di Primo Levi), Noemi Di Segni (Presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane), Anna Foa (storica), David Meghnagi (psicoanalista e scrittore), Moni Ovadia (uomo di teatro, attivista dei diritti civili e sociali), Giovanni Tesio (docente e critico letterario).
Con l'apporto del materiale di repertorio che contestualizza storicamente la vicenda biografica, e delle preziose interviste dello stesso Primo Levi, la docufiction restituisce il senso profondo della testimonianza dello scrittore e ci mostra come il suo principale insegnamento resti ancora oggi attuale e imprescindibile: custodire la memoria da ogni forma di oblio e negazionismo, per evitare che il passato ritorni uguale ed oscuri nuovamente la nostra vita e la nostra libertà.
Durante un’escursione in montagna, Primo Levi prende una storta alla caviglia che gli impedisce di camminare. È quasi giunto in vetta, da solo. Intorno a lui solo rocce e silenzio. Quando si sente ormai perduto, viene soccorso da un uomo che sembra comparso dal nulla e che si rivela sin dall’inizio una personalità enigmatica. L’uomo conduce Primo Levi nel suo maso dove lo medica con delle erbe e lo ristora. Non sembra riconoscerlo, benché nel 1986 lo scrittore fosse famoso in tutto il mondo per i suoi libri e per la sua partecipazione alla vita pubblica. Addirittura non comprende il significato del numero tatuato sul braccio che Levi gli mostra.
Di fronte a questa singolare ignoranza Primo Levi sente la necessità, ancora una volta nella vita, di raccontare la sua storia e, con essa, la tragedia della Shoah. Sente lo stesso bisogno di parlare, di raccontare, di testimoniare che avvertì dopo la guerra, quando tornato a Torino riprese a lavorare come chimico. In quegli anni, molti italiani avevano voglia di dimenticare ciò che era successo, di andare avanti. Volevano lasciarsi alle spalle il passato. La casa editrice Einaudi, alla quale Levi presentò la prima bozza di Se questo è un uomo, rifiutò il libro perché aveva già pubblicato altri volumi sulla deportazione e sui campi di sterminio, ma nessuno li aveva comprati.
Attraverso il teso confronto che Levi sostiene con l’uomo del maso, nel quale lo scrittore sembra riconoscere l’identità di un deportato che aveva conosciuto ad Auschwitz, Questo è un uomo ricostruisce i momenti salienti della vita di Primo Levi, dalla deportazione fino gli ultimi anni della sua vita, toccando i temi fondamentali che hanno caratterizzato la sua biografia e la sua opera, e raccontando la sua carriera di scrittore che di fatto ha coinciso con una progressiva presa di coscienza del dovere di testimoniare.
Con il contributo del materiale di repertorio dell’epoca, le interviste di chi ha conosciuto Primo Levi e ne ha compreso aspetti umani essenziali, e le interviste allo stesso Levi, il racconto dà vita al ritratto inedito ed emozionante di uno scrittore e intellettuale che ha profondamente segnato la cultura italiana del dopoguerra, il cui principale insegnamento resta ancora oggi attuale e imprescindibile: custodire la memoria da ogni forma di oblio e negazionismo, per evitare che il passato ritorni uguale ad oscurare la nostra vita.
SINOSSI
Sulle montagne piemontesi, al confine con la Savoia francese, Primo Levi passeggia in una zona dalle vette dolci, non particolarmente elevate. È solo. Chissà quante volte lo ha sognato, quel silenzio. Quante volte, in quell’anno passato ad Auschwitz, quando non aveva nemmeno vent’anni, ha immaginato di tornare sulle sue amate montagne. In Se questo è un uomo scrive che non c’era tempo, nel lager, per i ricordi e la nostalgia.
Ora Primo è un uomo apparentemente tranquillo. Dimostra un’età indefinita, il pizzetto e i capelli bianchi fanno pensare che abbia poco più di sessant’anni, ma potrebbe anche essere più vecchio, perché la sua vita non è stata una vita qualunque. Ha attraversato il Novecento nel suo momento peggiore. Ma ora che passeggia tra le sue amate montagne, in una giornata fresca, perfetta per camminare e pensare, Primo sta bene.
Fin quando non mette un piede in fallo e rischia di cadere in uno strapiombo. Urla, teme di morire, da solo nel profondissimo silenzio montano, lui che ha scampato la morte nel lager. Ma per fortuna qualcuno lo ascolta e lo salva.
È un uomo, forse poco più giovane di lui. Un uomo di pochissime parole, che vive come un eremita in una casupola in mezzo al nulla e fuori dal tempo che lo invita a riposarsi da lui. Primo teme di essersi slogato una caviglia, un po’ di riposo gli farà bene prima di tornare a valle dagli amici e dalla moglie.
Ma può fidarsi di quello sconosciuto? E perché il volto, le movenze, perfino delle allusioni, lasciate cadere con apparente noncuranza dal suo ospite gli ricordano un compagno di prigionia? Un ragazzo taciturno e apparentemente indifferente a tutto. Uno pericoloso, lo definisce lo scrittore nelle prime pagine di Se questo è un uomo. Di lui si sanno solo le ultime tre cifre del suo numero di matricola: 018. NullAchtzehn, in tedesco. È l’unico personaggio del libro che non ha un nome, presentato solo come numero, quindi già degradato a sottouomo. Un sottouomo che non compare più nella narrazione, segnato per sempre da quello che ha vissuto. Si ritrovano a dover portare un pesante carico insieme, ma il compagno esausto, lascia senza preavviso il peso, provocandone la caduta di una parte ingente sul piede del suo compagno di sventura. La ferita subita da Primo è tale che per la prima volta è costretto a ricorrere alle cure dei medici del campo e a varcare la soglia del Ka-Be, l’ospedale. Quello stesso ospedale che lo accoglierà, provvidenzialmente, con la scarlattina, contratta nell’inverno del 1945 e che gli eviterà di far parte dei “sani”, gli internati costretti alla cosiddetta “marcia della morte” imposta dai nazisti in fuga, da cui quasi nessuno si salvò. I “malati” invece - che i tedeschi immaginavano condannati a morte certa - si arrangiarono nel campo ormai abbandonato e riuscirono a salvarsi quasi tutti.
Nella casa del montanaro, Primo inizia a raccontare la sua vita al suo ospite che sembra non conoscerlo, nonostante la fama ormai mondiale dello scrittore. Cerca di stanarlo, di provocarne ricordi ed emozioni, per capire se il destino lo ha messo di fronte a un vero sconosciuto o a un fantasma del passato.
Questo è un uomo è un viaggio alle radici della carriera e della vita di Primo Levi e del suo bisogno di mettere su carta parole, ricordi e pensieri. Di testimoniare.
Una docufiction che unisce ricostruzioni, interviste e immagini di repertorio e le incastra in una cornice narrativa naturale e misteriosa, restituendo un ritratto più intimo e inedito dello scrittore.
NOTE DI REGIA
Con Questo è un uomo abbiamo voluto dare il nostro contributo alla conservazione della memoria storica di una tragedia che non può e non deve essere dimenticata, celebrando al contempo uno dei principali scrittori del Novecento italiano ed europeo: Primo Levi.
Abbiamo voluto, di comune accordo tra regia e autori, inserire il racconto all’interno di una cornice narrativa all’apparenza insolita, come la montagna, che rappresenta però una delle cose più amate dallo scrittore, volendo sottolineare l’intenzione di raccontare aspetti inediti della vita di Primo Levi. Attraverso l’uso delle immagini di repertorio, interviste e ricostruzione narrativa attraverso la fiction, abbiamo voluto mostrare invece ciò che ha significato la deportazione ad Auschwitz, il ritorno a casa, i tentativi di ricominciare un’esistenza ordinaria con il suo lavoro di chimico e l’inizio del suo lungo e travagliato percorso per pubblicare “Se questo è un uomo”, a testimonianza di quanto fosse difficile, nell’Europa dell’immediato dopoguerra, parlare della Shoah.
Tutto questo, come anticipato, lo abbiamo voluto inserire nella cornice narrativa che costituisce il fulcro drammaturgico e simbolico attraverso cui riproporre le principali tappe che hanno fatto di Levi non solo un testimone privilegiato della Shoah ma anche, e soprattutto, il grande scrittore che abbiamo tanto amato e che continuiamo ad amare.
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