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UNA CAVA, UN PARCO , UN SOGNO!


Non tutti i napoletani sanno che nel fianco della collina che dalla zona ospedaliera discende verso via Nicolardi e via San Rocco esiste un’area verde, la più vasta della città, miracolosamente risparmiata dalla speculazione edilizia che per anni ha trasformato una città-giardino in un ammasso di cemento: si tratta del Vallone di San Rocco.

Esso morfologicamente appartiene per intero al sistema vulcanico dei Campi Flegrei, e si sviluppa per circa 6 chilometri sul fianco nord-orientale della collina dei Camaldoli intorno ad un alveo prodotto dallo scorrimento delle acque meteoriche dalla collina stessa, interrotto dalla realizzazione del Nuovo Policlinico, per riprendere a valle dello stesso.

Purtroppo non si tratta solo di acque meteoriche che scorrono nell’alveo, ma anche provenienze di scarichi fognari non identificati, il che ha costretto il Comune di Napoli, nel 2009, a realizzare due impianti di sollevamento, uno all’imbocco del Cavone delle Noci allo Scudillo ed uno in corrispondenza di Ponte Caracciolo, per portare le acque reflue nel sistema fognario della sovrastante via De Amicis.

Questa costosa soluzione (si parla di 300000 euro) non ha risolto il problema, in quanto il terriccio, le pietre e gli arbusti trasportate dalle acque di scarico spesso provocano l’interruzione o la rottura delle pompe di sentina, con il risultato che il refluo lurido continua, con grande gaudio degli abitanti della zona. Ma c’è di più: le acque meteoriche, scorrendo spesso con impeto torrentizio in un alveo non dotato di muro di contenimento, provocano il dirupamento delle scarpate e il conseguente cedimento delle strade soprastanti, come via De Amicis,

Dal punto di vista morfologico il Vallone San Rocco può essere diviso in quattro parti. Il tratto superiore, da Ponte Caracciolo al Ponte Vecchio di San Rocco; quello che da tale punto giunge al Ponte di Bellaria e quello che dal suddetto ponte raggiunge via Udalrico Masoni. L'ultimo, quello che giunge fino ai Ponti Rossi, è completamente scomparso al di sotto di via Masoni.

Nel corso della storia il paesaggio del vallone ha subito notevoli trasformazioni; da silvo-pastorale ad agricolo, per poi assumere un aspetto composito, un misto di zone urbanizzate a residue aziende agrarie. In ogni caso, con il corso d’acqua che scorre tra ripe a volte a strapiombo. a volte declinanti, il vallone assume sicuramente un posto di rilievo nel territorio cittadino,

Ma la storia non finisce qui: nell’area sottesa da via De Amicis e via M.R. di Torrepadula esiste una vecchia cava, dismessa negli anni 80, la cava Suarez, dove sono ancora ben visibili le enormi cavità scavate nel tufo. In questi spazi e nel sottosuolo circostante, nel tempo, è stato sversato di tutto e di più: in prevalenza materiale di risulta, a partire da quello della costruenda linea 2 Metropolitana, al risanamento di Miano, a materiale privato e, ovviamente a tanto, tanto Eternit. Per ben sei volte nel corso degli ultimi venti anni la cava è stata posta sotto sequestro, ma poi se l’è sempre “cavata”, ricominciando ad ospitare i malefici materiali. Da circa 5 anni, grazie alla pressante azione dei cittadini costituitisi in comitato (Comitato per il parco dei Colli, vedi pagina Facebook), gli scarichi sono cessati, la zona è stata posta sotto sequestro giudiziario, ma fino ad ora non vi è stata ancora alcuna sentenza di bonifica in danno dei responsabili dell’inquinamento e della proprietà, l’Arciconfraternita dei Pellegrini.

Per colmo delle beffe, nel lontano 2012 il Comune di Napoli emise una delibera relativa proprio al Vallone di San Rocco, con la quale si approvava e finanziava un progetto che, dopo opportuna bonifica, avrebbe trasformato l’intero territorio in un parco tematico di tipo agrituristico e sportivo, con percorsi di visita, piste ciclabili e accordi con le aziende agricole esistenti. Ebbene, di questo piano si è persa ogni traccia, al punto che, quando come rappresentanti del comitato siamo stati ricevuti al Comune per discutere del problema, nessuno dei funzionari comunali ne era a conoscenza. Come è possibile che tutto questo avvenga a poche centinaia di metri dal Policlinico e dal Cardarelli, in un’area dove ci sono scuole di ogni ordine e grado, attività produttive. commerciali e sportive e insediamenti abitativi per decine di migliaia di abitanti? Questa è una delle tante, purtroppo, vergogne di questa nostra bella e martoriata città.

Si potrà mai realizzare il sogno di vedere questo posto meraviglioso risorgere a nuova vita, percorso da ciclisti, podisti, bambini che giocano e turisti che acquistano i prodotti agricoli tipici?

La speranza è l’ultima dea.


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